Sanità digitale, un paradosso da 1,27 miliardi di euro

 

ROMA – L’Italia spende meno in Sanità digitale, nonostante le promesse incardinate nei piani del Governo e nonostante le pressanti richieste di medici e cittadini di avere servizi innovativi per diagnosi e terapie. È quanto si legge nell’ultimo rapporto degli Osservatori del Politecnico di Milano, che stima in 1,27 miliardi di euro il valore 2016 di questo mercato. In calo del 5 per cento.

È una sfilza di paradossi narrati, il rapporto. Su tutti, incombe il più grave. L’assenza di un vero programma nazionale per sviluppare l’assistenza domiciliare dei pazienti cronici, in un Paese che va verso l’inesorabile invecchiamento della popolazione. I servizi digitali in questo ambito permetterebbero di curare meglio e con più efficienza i pazienti (quelli cronici sono già ora circa il 70 per cento della spesa del sistema sanitario nazionale), grazie a piattaforme di sensori sulle cose, internet delle cose e video collegamenti con i medici, com’è già comune in altri Paesi europei.

I numeri
Per la digitalizzazione della Sanità italiana l’anno scorso sono stati spesi complessivamente 1,27 miliardi di euro (1,1% della spesa sanitaria pubblica, 21 euro per abitante), con una contrazione del 5% rispetto al 2015 (1,34 miliardi di euro, pari all’1,2% della spesa sanitaria pubblica, circa 22 euro per abitante). Nel dettaglio, 870 milioni di euro sono stati spesi dalle strutture sanitarie (-6%), 310 milioni direttamente dalle Regioni (-3%), 72 milioni dagli oltre 47mila Medici di Medicina Generale (1.538 euro per medico, con un aumento del 3% rispetto al 2015) e 16,6 milioni direttamente dal Ministero della Salute (-8%). La spesa complessiva dell’Italia per la Sanità resta lontana dagli standard dei Paesi europei avanzati, denuncia il Politecnico. “La contrazione conferma quanto i ritardi normativi, la mancanza di risorse inizialmente ‘promesse’ nel Patto per la Sanità digitale e l’incertezza dovuta alle riforme sanitarie in atto in molte Regioni abbiano bloccato nuovi progetti”.
 
I paradossi
Il Patto, ormai famoso agli addetti ai lavori, risale al 2014 ma non ha ancora realizzato la promessa che portava in grembo, quella di “creare una prima regia nazionale per lo sviluppo di servizi digitali e innovativi in Sanità”, spiega Chiara Sgarbossa, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità presso il Politecnico.
Consola che nell’ultimo Def del Governo (Documento di programmazione economica e finanziaria) sia di nuovo citato il Patto, da realizzare entro fine anno.
Ma dati i precedenti non possiamo essere sicuri che la promessa sarà mantenuta.

È per l’assenza di questa regia che si misura non solo il calo della spesa digitale ma anche un altro paradosso: i servizi sviluppati sono poco utilizzati da cittadini e medici, a quanto rileva l’Osservatorio. A mancare non è l’interesse per il digitale, anzi. Le stesse stime dei ricercatori rilevano che cittadini e medici sono sempre più interessati all’uso digitale dei servizi sanitari. Per esempio, il 51% degli italiani ha utilizzato almeno un servizio online in ambito sanitario, contro il 49% del 2015. È quanto risulta da un’indagine condotta dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità in collaborazione con Doxapharma su un campione di mille cittadini. Allo stesso modo, i medici sono sempre più aperti e interessati alle tecnologie digitali e, in particolare, al mondo delle App. Lo rivelano le ricerche realizzate dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità su 540 Medici di Medicina Generale (MMG) attraverso la collaborazione con la FIMMG e Doxapharma, e su 229 Medici di Medicina Interna attraverso la collaborazione con FADOI e Digital SIT.

Il 52% degli internisti e il 39% dei MMG utilizzano App per consultare informazioni e linee guida, e rispettivamente il 45% e il 32% per visionare articoli scientifici, report eccetera. Il 42% degli internisti e il 53% dei MMG utilizzano WhatsApp per comunicare con i propri pazienti, anche se si tratta di un canale “non certificato”.
“Secondo i medici intervistati, il principale beneficio derivante dall’utilizzo di WhatsApp è l’efficacia dello scambio di dati e immagini, che spesso consente al paziente di evitare una visita – spiega Paolo Misericordia Responsabile del Centro Studi della FIMMG -. Tra le motivazioni che invece ne determinano il mancato utilizzo c’è il rischio di un aumento del carico di lavoro e la possibilità di creare incomprensioni con i pazienti”.

Ad avere un successo deludente sono i servizi digitali voluti dal Governo, come il Fascicolo Sanitario Elettronico, che – sebbene obbligatorio – è adottato solo da una manciata di Regioni. E anche in queste spesso è poco usato da medici e pazienti, che lamentano di non essere stati coinvolti nella realizzazione dei servizi “istituzionali”. E di conseguenza li trovano poco usabili, troppo burocratici, come lamenta per esempio Tonino Aceti di Cittadinanzattiva.

“Una delle eccezioni è il Fascicolo della Provincia di Trento, non a caso elaborato a stretto contatto con i suoi utilizzatori”, dice Sgarbossa.

“La Sanità italiana è a un bivio”, conclude Mariano Corso, responsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità. “Appare ormai chiaro come l’innovazione digitale sia essenziale per andare verso una Sanità sostenibile, ma occorre accelerare e rimuovere barriere e inerzie all’innovazione cominciando dal valorizzare al meglio le iniziative di successo già presenti sul territorio italiano ed europeo”. “Nei prossimi mesi sarà importante ‘sbloccare’ e utilizzare al meglio le risorse economiche a disposizione, come quelle del PON governance “ICT per la salute”, la cui reale disponibilità dipenderà anche dalla capacità di programmazione e progettualità”. “È inoltre fondamentale investire nella cultura digitale dei cittadini e operatori, coinvolgendoli anche nella progettazione dei nuovi servizi. In sintesi, è urgente agire affinché il sistema sanitario nazionale e i sistemi sanitari regionali possano mettersi in marcia speditamente per rispondere alle esigenze di cittadini, medici e operatori sanitari, che vanno resi sempre più digitali e protagonisti del sistema di cura”.